08 Mar abbazia del goleto 02 | LA STORIA
2. La STORIA
dal mausoleo di Marcus Paccius Marcellus alla torre Febronia
L’insediamento di tribù sannitiche intorno alle valli dei Fiumi Ofanto, Sele e Calore, contribuì a definire l’identità del territorio altirpino che prese il nome dalla tribù eponima degli HIRPINI, traendo l’etimo dal sannita hirpus “lupo”.
La località Goleto, nell’attuale territorio di Sant’Angelo dei Lombardi, ha coinciso fino a tutto il primo millennio d.C. con i resti del monumento sepolcrale che vi costruì MARCUS PACCIUS MARCELLUS della tribù Galeria, centurione della Legio Scitica.
Nel 1152 la Badessa Febronia riutilizzò i resti del mausoleo sopraelevando una torre difensiva, “uno dei rari esempi di opere fortificate annesse a complessi religiosi” .
Il maestoso profilo della Torre è pienamente godibile dalla campagna a monte dell’Abbazia.
En
2. HISTORY
From the mausoleum of Marcus Paccius Marcellus to the tower Febronia
The entering of Sannite tribes around the valleys of the rivers Ofanto, Sele and Calore, worked together to determinate the identity of the highirpin territory which took the name from the eponymous tribe of the HIRPINI deriving the etymon from the Sannite hirpus “wolf”.
The Goleto spot, in the present territory of Sant’Angelo dei Lombardi has clashed up to the all first millennium a. C. with the remains of the sepulchral monument built there by MARCUS PACCIUS MARCELLUS of the Galeria tribe, centurion of Scitica Legion. In 1152 the abbess Febronia reutilized the remains of the mausoleum increasing its height by a defensive tower, “one of the rare examples of the fortified works attached to religious wholes”.
The magnificent profile of the tower is entirely enjoyable from the countryside above the Abbey.
Fr
2. L’HISTOIRE
Depuis le mausolée de Marcus Paccius Marcellus à la Tour Febronia
L’installation de tribus samnites autour des vallées des fleuves Ofanto, Sele et Calore contribua à définir l’identité du territoire haut – irpin qui prit le nom de la tribu éponyme des Hirpini, en prenant l’étymologie du sannite hirpus “loup”. La localité Goleto, dans l’actuel territoire de S. Angelo dei Lombardi, a coincis jusqu’à tout le premier millénaire d.c. avec les vestiges du mausolée que fut construit par Marcus Paccius Marcellus dee la tribu Galeria, centurion de la Legio Scitica.
En 1152 l’Abesse Fébronie utilisa les vestiges du mausoleé surélevant une Tour de défense “un des rares exemples d’oeuvres fortifiées attenants à des ensembles religieux”.
Le grandiose profil de la Tour est entièrement visible de la campagne au mont de l’Abbaye.
De
2. DIE GESCHICHTE
Vom Mausoleum des Marcus Paccius Marcellus bis zum Febronia – Turm
Die Ansiedlungen Sannitischer Stämme ringsum den Tälern der Flüsse Ofanto, Sele und Calore, wirkten mit an der Schaffung der Identität des „altoirpino“ Gebietes (d.h. des höchsten Teils der geographische Region „Irpinia“), dessen Name aus dem namengebenden Stamm HIRPINI und dem Sannitischen Wurzelwort hirpus, „Wolf“, stammt.
Die Ortschaft Goleto, in dem heutigen Stadtgebiet von Sant’Angelo dei Lombardi, stimmte durch das ganze erste Jahrtausend n. Chr.mit den Resten des Grabmales, das von MARCUS PACCIUS MARCELLUS, vom Galeria Stamm und Zenturio der Legio Scitica, errichtet wurde, überein.
1152 verwendete die Äbtissin Febronia die Reste des Mausoleums wieder, um einen Verteidigungsturm aufzustocken, „eine der seltenen Beispiele von befestigten Bauwerken, die an religiöse Gebäude grenzen “.
Man kann die imposante Kontur des Turmes ganz vom Feld hinter der Abtei bewundern.
approfondimenti
“L’anomala posizione della torre Febronia, disassata e rispetto alla chiesa coeva, consente di formulare l’ipotesi di una preesistenza tanto rilevante simbolicamente o costruttivamente da indurre i primi edificatori del cenobio a non rispettare l’allineamento del ridotto fortificato con l’attiguo organismo religioso. Appare necessario, per la definizione della stratificazione storica del complesso, uno scavo archeologico presso di essa, nel chiostro delle monache”.
Luigi Guerriero in Napoli Nobilissima, vol. XXIX – Fasc. V-VI – set. dic. 1990; Arte Tipografica Napoli
Epigrafe lato chiostro, al centro, in basso
M. PACCIO G. F. GA.
MARCELLO PRIMI
PILARI LEG. IIII
SCYTHICAE
Epigrafe lato chiostro, al centro, su finestra
AB INCAR. D.
A. M. C. C. Q.II IN
DIC. V.. X. – N. ED. F. ABATO
FEBRONIA C.T. OPAIS
ABBA
La torre Febronia
Alla prima badessa Febronia, si deve l’erezione nel 1152 della torre di cui porta il nome come si rileva dall’iscrizione incisa sulla lunetta dell’architrave della monofora del primo livello: “+ Anno ab Incarnatione Domini – Anno Millesimo Centesimo Quinquagesimo Secondo – Indictione XV (sic) – in tempore Domina Febronia Abbatissa fecit opera ista”.
La torre a pianta quadrata, eccezionale esempio di elegante architettura militare normanna si erge maestosa all’interno della cittadella monastica fortificata detta di S. Guglielmo al Goleto o del Salvatore, ubicata al centro di un vasto territorio delimitato a sud dal fiume Ofanto, ad est dal torrente Lamia, ad ovest dal vallone del Toppiello e a nord dai nuclei abitati di Nusco, Torella dei Lombardi, Rocca S. Felice e S. Angelo dei Lombardi.
La torre misura alla base m. 8,25 x m. 8,25 ed è costituita al primo livello da un ambiente, coperto da una volta a crociera in mattoni, delle dimensioni di m.3,50 x m. 3,50, al quale si accede tramite una porta sita sul lato nord della torre prospiciente la cinta muraria della cittadella monastica.
Al secondo livello la torre misura m. 7,25 x m. 7,25; è delimitata da una cornice marcapiano aggettante ed è costituita da un ambiente delle dimensioni di m. 3,80 x m. 3,80; vi si accedeva dal monastero femminile mediante o un ponte levatoio o molto più verosimilmente tramite una scala a pioli, atto a rendere il luogo inaccessibile in caso di pericolo.
Sul paramento esterno del secondo livello del lato sud, è ancora visibile una scultura raffigurante un toro con la lingua fuori dalla bocca e rivolta all’insù. Sui due cantonali del lato nord, sul coronamento aggettante del primo livello poggiano due elementi lapidei che ricalcano gli estremi del timpano, di epoca romana reimpiegati.
Due feritoie sulle pareti ovest ed est danno luce all’ambiente del secondo livello.
La torre alta quasi m. 16, ha muri di circa m. 2 di spessore che poggiano su di un basamento di grossi blocchi di pietra squadrata e modanata, ed è costruita al primo livello con materiale romano di spoglio proveniente dal monumento funerario di Marco Paccio Marcello, figlio di Caio, della tribù Galeria, primo pilario della IV legione Scitica, come si legge su uno dei blocchi di reimpiego, originario di Compsa.
Dall’attenta lettura dell’iscrizione e delle decorazioni poste sui blocchi lapidei (circa 110) del monumento funerario riutilizzati per la costruzione della torre, il Coarelli prima e lo Schafer poi, anche se con risultati diversi, hanno ricostruito la vita e la carriera di questo soldato romano che, per i suoi atti di valore raggiunse il massimo grado consentitogli dalla sua modesta estrazione sociale, centurione principale della prima coorte e quindi “primipilaris” della IV legione Scythica e di poi magistrato municipale, come si evidenzia dalla presenza della “sella curulis” ai cui lati sono scolpite una testa maschile raffigurante l’honos e una femminile raffigurante la virtus, chiaro riferimento agli onori ricevuti dal centurione in merito alle sue virtù.
La sella curulis, simbolo originariamente solo dell’alta magistratura, nell’età augustea era anche emblema della magistratura municipale; serve ad indicare la carica rivestita da Marco Paccio, quella appunto di magistrato municipale. Un girale di acanto, con la funzione di albero genealogico, “stemmata”, indica il numero dei suoi figli, sei, e l’utilizzo del tumulo come tomba di famiglia. Sovrasta la “sella curulis” il simbolo indicante la carica di “augure”, una grande spirale, e quello di “flamine”, il tipico berretto del sacerdote romano.
Il riutilizzo di materiale di spoglio proveniente da edifici antichi dà la dimensione del rapporto che gli uomini del medioevo avevano con il mondo romano. Era un modo per ricollegarsi idealmente al passato mitico di Roma e a quanto essa rappresentava: cultura, potere, continuità.
La torre aveva la funzione oltre che di rifugio e quindi di difesa delle monache in caso di attacchi esterni, anche di custodire le ingenti ricchezze di cui era dotato il Goleto, monastero che godette sin dalla sua fondazione dei favori non solo dei sovrani normanni Ruggero II e Guglielmo II e dell’imperatore svevo Federico II, ma anche dei feudatari locali quali Elia di Gesualdo, Ruggero di Medania, Riccardo e Raone di Balvano che furono larghi di donazioni Deo et in monasterio Sancti Guilielmi non solo per la salvezza delle loro anime ma anche e principalmente per rafforzare il loro potere apparendo munifici benefattori.
Giuseppe Muollo, La cittadella monastica fortificata di S.Guglielmo al Goleto; relazione storico artistica architettonica, 2004