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RECUPERA /RIABITA, la Relazione di Angelo Verderosa al Made expo

RECUPERA /RIABITA, la Relazione di Angelo Verderosa al Made expo

Evento : “Borghi e Centri storici”, MADE expo di Milano, dal 17 al 20 ottobre 2012

Convegno : “Centri storici e rischio simico”, venerdì 19 ottobre, sessione mattutina

Relazione di Angelo Verderosa architetto *,

“RECUPERA / RIABITA, salviamo i piccoli borghi dell’Appennino”

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La relazione dell’Arch. Verderosa è accompagnata da una video-proiezione di slides contenenti testi, disegni, immagini forografiche; il file .pdf  è scaricabile dal sito web www.verderosa.it

I luoghi citati nel seguente testo sono in gran parte ubicati in Alta Irpinia, la parte appenninica della provincia di Avellino, al confine tra Campania, Puglia e Lucania.

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I borghi della dorsale appenninica italiana sono ormai in forte declino; è stata  varcata la soglia del rischio estinzione. I dati sono noti: oltre il 70% dei comuni italiani conta meno di 5.000 abitanti occupando il 54% del territorio nazionale e rappresentando il 17% della popolazione italiana. Ben 5.800 piccoli paesi sono ubicati in territorio alto-collinare e montano, nella fascia centro-longitudinale della penisola, tra i due mari.

Una ragione ‘funzionale’ si è rinnovata nel corso dei secoli se la maggioranza dei nuclei abitati è tuttora nella fascia mediana. Forse l’agricoltura estensiva e la possibilità di allevare su vasti prati e cacciare su terreni incolti e boschivi, la possibilità di fare legna per l’inverno, forse la possibilità di difendersi meglio arroccati su dirupi, forse ragioni igienico-sanitarie come la possibilità di allontanare con maggiore facilità le acque reflue e la ventilazione costante che teneva lontana la malaria valliva, forse ancora la posizione strategica centro-peninsulare sapendo che le distanze nel passato non sono state mai il problema che invece appare oggi alla nostra civiltà occidentale. Forse l’importanza dello scambio nell’offrire una sosta nel viaggio lungo le valli, dopo le quindici miglia quotidiane di cammino, così che si poteva raggiungere un posto abitato, recintato. E sicuramente: maggiore quantità di pioggia e di acqua per coltivare, cucinare e lavarsi, un’aria meno polverosa, una luce più netta; il profumo della terra e le fresche notti nella calura estiva; una maggiore certezza di non contrarre epidemie; una maggiore vicinanza ai santi, al silenzio, al mistero. E forse, ancora, la formazione di un’identità comunitaria alla quale ognuno sentiva di appartenere e infine una maggiore sicurezza per la propria sepoltura…. In alto, lontano da ladri e malviventi, difesi nella pietà da una comunità.

Fino all’ultimo dopoguerra i paesi erano ancora ben saldi sulla groppa dell’Appennino.

Alle varie latitudini si viaggiava ancora tra est ed ovest, tra l’Adriatico ed il Tirreno; attraversamenti, pellegrinaggi e transumanze erano insomma per lo più ‘trasversali’ allo svolgimento peninsulare. Il ruolo centrale della collina e della montagna era strategico e fondamentale. Inutile invocare la memoria dell’organizzazione territoriale militare in epoca romana; il Sannio valeva molto più di Napoli e di Bari tanto per restare nel nostro ambito geografico.

Poi l’Italia si è allungata verso Torino e Milano, verso le fabbriche della Svizzera e della Germania, verso le miniere del Belgio. Treni veloci, elettrodotti ed autostrade sono state disegnate lungo la direttrice sud-nord e non più tra i due mari.  Bisognava favorire l’emigrazione,  bisognava costruire e riempire nuove periferie. Nel giro di 50 anni le ‘aree interne’ sono state definite e relegate come tali. Ad esempio la  Ferrovia Rocchetta Sant’Antonio-Avellino, anziché favorire il collegamento tra Napoli e Foggia è finita col diventare la più potente infrastruttura sociale volta all’emigrazione di massa.

In Irpinia e Lucania, nonostante l’ultimazione della ricostruzione post-terremoto 1980 e il recupero tuttora in atto di molti borghi  storici, l’esodo è ripreso più forte che mai. Sorprende che il fenomeno si accentui negli anni dell’accesso di massa al web e del compimento delle infrastrutture viarie.

Ecco, continuo ad indagare e a tormentarmi sulle cause dello spopolamento e vorrei che residenti e amministratori, la società e il governo aprissero una riflessione.  

 

Sono stato invitato a “Borghi e Centri storici”, l’evento che si tiene da 3 anni nell’ambito del MADE expo, acronimo di Milano Architettura Design Edilizia, per relazionare nella sessione mattutina del convegno “Centri storici e rischio simico” di venerdì 19 ottobre. Il titolo del mio intervento “Recupera /Riabita, salviamo i piccoli borghi dell’Appennino”, riprende quello dell’evento tenuto a giugno scorso nell’Abbazia del Goleto, con relatori e ospiti provenienti da varie città italiane ed europee e che hanno abitato per più giorni tra le mura abbaziali. La mia relazione illustra la metodologia di recupero attuata negli ultimi 15 anni nei Borghi della Comunità Montana Terminio-Cervialto (in provinica di Avellino): Castelvetere, Taurasi, Quaglietta e Volturara. Interventi di miglioramento in zona sismica di nuclei e monumenti storici -come potete vedere dalle immagini-  fortemente danneggiati dal terremoto del 1980. Interventi eseguiti con materiali e tecniche eco-sostenibili; da qui anche la mia testimonianza in qualità di referente per la Fondazione Italiana di Bioarchitettura come referente per la regione Campania. La lunga e vasta esperienza maturata non solo nei borghi, dal 2003 iniziai ad occuparmi del restauro dell’Abbazia del Goleto, mi consentì nel 2005, con la collaborazione di numerosi colleghi e docenti e col Gal Verde Irpinia, di pubblicare presso De Angelis Editore il “Manuale delle tecniche di intervento per il recupero dell’architettura e del paesaggio in Irpinia”. Il Manuale ha avuto larga diffusione, anche liberamente scaricabile e stampabile da internet; contiene testi, disegni, voci di capitolato e soprattutto documentazione fotografica sulle varie fasi del recupero; non è un manuale teorico ma uno strumento utile a capire come procedere in ambito rurale e sismico, col riutilizzo di materiali locali e tecniche tradizionali non invasive.

Ecco, al Convegno dovrei portare questa esperienza di progettazione e di direzione lavori fatta in giro per l’Irpinia ma, anche grazie alla possibilità offerta dal download gratuito della pubblicazione del Manuale, penso che coglierò l’occasione per parlare della fase che dovrebbe seguire quella del ‘recuperare’ e che in Irpinia è mancata così come è mancata negli altri borghi dell’Appennino italiano. 

 

E’ mancata e manca la fase del ‘riabitare’. E allora, che senso ha investire ancora risorse con la crisi epocale in atto se non apriamo insieme una riflessione sul dopo-recupero ? Lo spazio qui disponibile non consente di svolgere la problematica che da tempo mi tormenta: <<perché storicamente si abitava la dorsale montana … perché oggi invece, nonostante internet e strade veloci, l’Appennino si spopola>>.

 

Voglio quindi comunicarvi il mio sogno più che la mia esperienza professionale : ‘Riabitare i piccoli paesi’.   Nella sola provincia di Avellino ben 100 comuni su 119 hanno adesso meno di 5.000 abitanti; oltre la metà di essi hanno meno di 2.000 abitanti. Cairano, che negli anni ’60 aveva 3.000 abitanti, oggi ne ha meno di 300.  Ho abbozzato un ‘Manifesto’, lo espongo per la prima volta sperando che venga ripreso, tramite questo importante evento del Made, con urgenza da voi presenti, dagli abitanti dell’appenino e dal governo nazionale.

 

<< Lo  spopolamento in atto è implementato dalle politiche governative -regionali e nazionale- che continuano a privilegiare gli investimenti nelle aree metropolitane.

Alta velocità, alta capacità, linee metropolitane, aeroporti, gallerie strade  e ponti,  piano casa e internet veloce sono ormai costose  esclusive dei grandi centri urbani. Nei piccoli paesi invece chiudono le scuole, gli uffici postali, i tribunali, le stazioni ferroviarie. Segretari comunali, farmacisti e parroci sono ormai “a scavalco”, cioè in condominio tra diversi comuni. Un patrimonio rurale di incommensurabile bellezza va in rovina,  abbandonato dalle leggi e dagli uomini. Borghi medioevali fatti di pietra, circondati da paesaggi incontaminati e sempre più inselvatichiti, sono da tempo ‘figli minori’ di una vecchia nazione occidentale che vagheggia ancora lo sviluppo nella crescita e nel cemento. Rimanere ad abitare in un piccolo paese, senza servizi sociali e senza collegamenti pubblici è ormai per i pochi residenti un atto eroico e dispendioso . Spostarsi con i propri automezzi costa ed inquina; e per raggiungere i servizi e anche ormai per fare la spesa, bisogna spostarsi nella città più vicina.

Per iniziare una seria azione di salvataggio dei ‘piccoli paesi’ bisogna imparare innanzitutto a mettersi assieme. I paesi si salvano se cade il campanilismo, se abitanti e amministrazioni iniziano finalmente ad incontrarsi e a parlarsi (come è successo nella difesa anti-discariche del Formicoso, degli ospedali e dei tribunali dell’Alta Irpinia); se si riprende, ad esempio, la buona pratica avviata nell’inverno scorso con gli incontri itineranti degli Stati generali dell’Alta Irpinia. La salvezza è nello stabilire ‘relazioni; nel produrre ‘cultura’; nel riscoprire la ‘bellezza’ dell’abitare un territorio ai più  sconosciuto.  Certo, come ha logicamente affermato il ministro Fabrizio Barca la settimana scorsa a Lioni (Av), senza lavoro non si possono mettere al mondo figli, nemmeno  nei piccoli paesi; insomma la decrescita in atto spopolerà ulteriormente il microcosmo appenninico.  Ma nuove fabbriche co-finanziate dal governo, non servono; non sopravviverebbero; gli imprenditori vanno in Cina; abbiamo già dovuto constatare l’alta mortalità delle fabbriche calate dall’alto nel dopo terremoto dell’Irpinia e della Basilicata. Bisogna invece necessariamente   tener conto delle nostre risorse primarie: la terra, l’agricoltura ! I beni culturali.

Ecco allora ad esempio l’esigenza di una scuola e di un’università che devono diversamente radicarsi nel territorio.

Ed ecco  il manifesto che  dovrebbe essere la base condivisa di una nuova politica: 

  • Unire i piccoli Comuni per ingiungere a Regioni e Governo di fermare l’ulteriore consumo di suolo nelle già devastate e inquinate aree metropolitane: bloccare subito il ‘piano casa’.
  • Sviluppare il trasporto pubblico su rotaia nelle aree interne e non solo sulle poche dorsali dell’alta velocità (in Campania, recuperare la ferrovia esistente come linea metropolitana tra Napoli e Foggia).
  • Istituire, immediatamente, in attesa della ripresa ferroviaria, efficienti linee di trasporto pubblico lungo le principali arterie di collegamento provinciale (in Campania, Valle Sele, Ofantina, Ufita, Calore, ecc.), collegando i paesi con alta velocità ed aeroporti. I piccoli paesi non devono sentirsi isolati; ogni ora, anche notturna, dovrebbe passare un mezzo pubblico per collegarli tra loro e con la città.
  • Favorire, con una premialità socio-economica (casa, servizi, asili nidi, scuole)  l’insediamento di giovani coppie che non trovano posto nelle fasce costiere (in Campania, alleggerire la pressione demografica e l’abusivismo su isole, costa e falde del Vesuvio).
  • Rafforzare il distretto delle energie alternative a vantaggio di enti ed investitori locali. Insegnare ed incentivare l’artigianato e tutto ciò che veicoli bellezza, unicità e qualità.
  • Radicare centri di ricerca legati alla terra, all’acqua, all’aria, al vento, alle energie ed ai materiali eco-sostenibili.
  • Sviluppare la produzione e la lavorazione del legname di bosco rinnovabile.
  • Consumare in loco e promuovere i prodotti agricoli tipici : 5000 di questi provengono proprio dai piccoli paesi.
  • Prendere coscienza e amministrare oculatamente i doni preziosi che abbiamo ricevuto: acqua sorgiva e ambiente naturale.
  • Imparare a comunicare per portare qui nuovi viaggiatori; accogliendoli come parenti che tornano da lontano, invitandoli a restare per riabitare.
  • Creare eventi sulla bellezza e sul silenzio, focalizzando l’attenzione sull’acqua, sul vento, sulla terra.
  • Valorizzare la miniera dei beni culturali ed eno-gastronomici dei centri storici e rurali già esistente.

 

Riequilibrare il territorio appenninico per poterlo riabitare significa utilizzare al meglio le risorse già disponibili; significa vivere meglio in un ambiente sano e a misura d’uomo. Significa creare nuovi posti di lavoro, ripensando innanzitutto l’agricoltura e innescando finalmente, poi, quell’indotto turistico che ci hanno voluto finora impropriamente far credere essere il nostro nuovo eldorado.  Sappiamo che dobbiamo imparare a comunicare per incuriosire nuovi viaggiatori; dobbiamo creare eventi sulla bellezza e sul silenzio. Focalizzare l’attenzione sull’acqua, sul vento, sulla terra dell’Italia ‘minore’, risorse che la città ha ormai depauperato. Riequilibrare significa mettere in relazione le due parti d’Italia che sempre più si stanno allontanando.

La libera iniziativa dei cittadini di Calitri (Av) è sicuramente una buona pratica di riferimento; nel 2010 un e-magazine britannico ha inserito il paese presepe dell’Alta Irpinia  tra i nove posti al mondo dove trascorrere una  terza età serena e conveniente : << 9 posti dove puoi andare in pensione e vivere come un Re…>>, il titolo poi ripreso dai maggiori quotidiani e networks nazionali. Ebbene in pochi mesi varie decine di cittadini inglesi, che vivono in case d’affitto nella loro nazione, hanno acquistato per pochi euro case abbandonate nel centro storico di Calitri facendole poi restaurare alle maestranze del posto. Sono divenuti proprietari di una parte del belpaese e tornano ad abitarci in più periodi dell’anno. Hanno innescato un processo economico, semplice e immediato, dal basso, attraverso internet e hanno diffuso, col loro esempio e col loro interesse, maggiore fiducia ed orgoglio nei residenti.

Imparare a Comunicare per Recuperare e Riabitare.

Ecco una buona pratica : invitare nuovi viaggiatori ed accoglierli, uno per uno; andando a prenderli in stazione come si faceva con i parenti che tornavano da lontano. Dobbiamo essere ospitali, gentili, educati, civili; cucinare i prodotti dell’orto e non quelli del supermercato; farli dormire sui materassi della lana di transumanza e non sulle coperte di nylon; offrire il miglior vino d’aglianico e di greco e non vino adulterato. Dobbiamo  ritornare ad essere “italiani”.

Sono certo, per le esperienze creative da me fatte negli ultimi anni con Comunità Provvisoria, Cairano 7x, Stati Generali e Recupera /Riabita al Goleto la scorsa estate, di 2 cose :

-anche in un piccolo paese è possibile vivere una vita creativa e dignitosa;

-quando il viaggiatore a noi sconosciuto è bene accolto in un piccolo paese, avrà voglia di fermarsi.

E magari di Riabitare.  

Cercando di tornare al tema del convegno, il recente bando del Piano di Sviluppo Rurale della Campania, che ha chiuso la Misura 322 inerente il recupero e lo sviluppo dei borghi rurali con popolazione inferiore ai 2000 abitanti,  ha tracciato un nuovo assetto rispetto alle precedenti distribuzioni a pioggia dei fondi comunitari; si è affermato il principio che gli enti pubblici vengono finanziati per migliorare i centri storici  se e solo se vi sono imprenditori privati che vogliono aprire una trattoria, un artigianato o un affittacamere, stabilendo anche un sano principio di cofinanziamento ad evitare il solito ‘prendi e tieni chiuso’.

Necessitano politiche regionali nuove, capaci di ‘ricucire’ i tanti interventi fatti nei borghi iniziando ad esempio da un’efficiente e certa ‘segnaletica’ stradale. I navigatori satellitari, quando arrivano nei piccoli paesi impazziscono, vi portano sui dirupi… Dopo aver sistemato la segnaletica metterei almeno un fontanino in ogni paese dove poter bere gratuitamente un po’ di acqua delle sorgenti locali; poi ancora, servizi igienici puliti, sorvegliati e a pagamento. Ed infine un locale dove comprare qualcosa del posto ed avere informazioni sulle cose da vedere e dove mangiare o dormire ad esempio. Sono cose elementari, ma mancano e nessuno si preoccupa di realizzarle. I governi si occupano di questioni dove necessita spendere più soldi.

La regione Campania non può pensare di fare turismo andando solo per fiere se prima non assicura i servizi essenziali ai monumenti e ai borghi già recuperati. Castelvetere e Quaglietta (Av), 100 posti letto di proprietà comunale in aree di parco regionale, completi di angolo cottura, letti e stoviglie, recuperati ormai da oltre 10 anni, sono ancora in attesa di gestori.

Impariamo a mettere in rete quello che già abbiamo; doniamolo ai giovani perché già sanno come utilizzare questo patrimonio.

 

“RECUPERARE” il patrimonio architettonico con metodi e materiali eco-sostenibili è nostro dovere professionale e sociale. RIABITARE deve essere un nuovo principio della nostra Carta Costituzionale.

 

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* Fondazione Italiana di Bioarchitettura e antropizzazione sostenibile per l’ambiente / referente per la regione Campania

 

Tra le opere restaurate dall’architetto Angelo Verderosa i Borghi della Terminio-Cervialto con i castelli di Taurasi e di Quaglietta, il borgo medioevale di Castelvetere, l’Abbazia del Goleto, il Museo Diocesano di Nusco. In corso ha  i programmi di valorizzazione per Teora,  Castelnuovo e Valva nell’alta valle del Sele.

Ha scritto un Manuale sul recupero dell’architettura e del paesaggio, scaricabile gratuitamente dal suo sito web. Scrive sul blog ‘Piccoli Paesi’. La sua attività è documentata sul sito web  verderosa.it

 

Contatti  0827.215122  348.6063901  studio@verderosa.it

 

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